Partiamo dal presupposto che la detenzione è prima di tutto un percorso riabilitativo, così come sancito dall’articolo 27 della nostra Costituzione nel quale è espressamente scritto che ‘le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato’.
La reintegrazione nella società non è solo un fatto individuale a vantaggio di chi ha scontato la propria pena, ma il segno di un Paese civile che riesce a creare un sistema funzionale che porta dei benefici sociali. Per questo è importante che i #detenuti mantengano i legami con il mondo esterno in cui dovranno reinserirsi ed è importante che non spezzino il filo delle relazioni umane con le persone a loro più care. Perché se questi legami si allentano diventa molto più difficile e faticoso ritrovare una propria collocazione nella collettività. Da una ricerca dell’Università di Cassino, presentata lo scorso novembre nel Consiglio regionale del #Lazio, è emerso fortemente il disagio socio-affettivo e relazionale della popolazione detenuta del Lazio: il sovraffollamento, la mancanza di locali adeguati per i colloqui con i propri familiari, l’insufficienza di spazi verdi dotati di attrezzature per i bambini, l’inesistenza di spazi per l’intimità con il partner rappresentano un limite al riconoscimento del diritto all’affettività e alla sessualità di chi si sta scontando la propria pena.
Con la mozione che abbiamo presentato vogliamo introdurre elementi di novità su questo tema, attraverso una proposta di legge da presentare al parlamento per garantire le relazioni affettive e la #genitorialità dei detenuti, in un’ottica che non è di privilegio, ma di necessità. Perché se è vero che lo Stato ha il dovere di assicurare i colpevoli alla giustizia, ha anche il dovere di restituire chi ha scontato la propria pena, alla società